L’uccisione della 66enne Clelia Mancini, sarta stimata, a sangue freddo dall’ex marito Antonio Mancini, 70 anni, ex detenuto, ha scosso di molto la cittadina di Lettomanoppello. Un omicidio che si è consumato in pieno centro, davanti a una farmacia e sotto gli occhi attoniti del nipotino di 12 anni.

Il tragico epilogo non è stato un gesto improvviso, raccontano le cronache, bensì il culmine di una lunga e visibile escalation di odio e ossessione che l’uomo aveva per mesi documentato anche sui social network, firmandosi sinistramente come “Antonio Ayatollah“. Su almeno quattro profili Facebook, Mancini aveva riversato una furia crescente e dichiarazioni di vendetta contro l’ex moglie. Le sue parole, “sfogherò tutta la rabbia che ho accumulato in questi ultimi 6 anni“, si sono purtroppo trasformate in realtà, dopo che l’uomo ha impugnato un’arma risultata rubata.

La scelta del soprannome “Ayatollah” rivela un profilo disturbato, diviso tra un delirio di onnipotenza vendicatrice, forse derivante da un disagio psichico e il rancore dominante per una separazione non metabolizzata.